La fondatrice

E' la prima ad essersi incamminata. Un nuovo stile di vita si fa presto strada attorno a questa giovane maestra.

Foto:

Chiara Lubich

Silvia, questo il nome di battesimo di Chiara Lubich, nasce a Trento il 20 gennaio 1920, seconda di quattro figli. Una  famiglia molto unita la loro, ma rispettosa delle diverse convinzioni di ognuno.  Il padre Luigi è antifascista e socialista; la madre Luigia è animata da una forte fede cattolica tradizionale, il fratello maggiore Gino è militante nella Resistenza e in seguito giornalista a L’Unità. Silvia frequenta attivamente i circoli cattolici, spiccando per la sua sete di Dio.

Ottenuto a 18 anni il diploma di maestra elementare a pieni voti, per le difficoltà economiche in cui era venuta a trovarsi la famiglia, non riesce ad accedere ai tanto agognati studi all’Università Cattolica. Comincia ad insegnare a Castello di Ossana, in Val di Sole, e in seguito all’Opera Serafica di Trento. 

Un momento decisivo per la sua scelta di vita è l’esperienza vissuta nel 1939 durante un ritiro al Santuario della Santa Casa di Loreto. Entro quelle mura, tradizionalmente considerate l’abitazione della Sacra Famiglia,  al pensiero della vita verginale dei Tre si sente avvolta, quasi schiacciata, da qualcosa di nuovo e di divino. Le lacrime cadono incontrollate. L’ultimo giorno di quel ritiro, vedendo la chiesa gremita di giovani, le passa un pensiero che mai si sarebbe cancellato: ‘sarai seguita da una schiera di vergini’.

Dal 1939 al 1943 Silvia continua ad impegnarsi a servizio della Chiesa locale di Trento e come terziaria francescana assume il nome di Chiara.

Nel 1943 avverte nitida la chiamata di Dio a donarsi totalmente a Lui.  Il 7 dicembre 1943, alle 6 del mattino, in una cerimonia alla quale presenziano solo lei e il sacerdote, fa voto di totale e perpetua consacrazione a Dio. Lungi da lei quel giorno il pensiero di fondare qualcosa, semplicemente ‘sposava’ Dio.  Come Chiara ebbe a scrivere più tardi ’la gioia di quel giorno era inspiegabile, segreta contagiosa’. Solo in seguito si attribuì a quella data l’inizio simbolico del Movimento dei Focolari.

Alcune giovani che Chiara avvicinava per diversi motivi, vogliono seguire la sua strada: Natalia Dallapiccola, Doriana Zamboni, Giosi Guella, Graziella De Luca, Gisella e Ginetta Calliari, Valeria e Angelella Ronchetti, Bruna Tomasi, Marilen Holzhauser, Aletta Salizzoni e Silvana Veronesi. La guerra non lascia tregua e molte delle loro famiglie sfollano nelle valli di montagna. Ma esse decidono di rimanere a Trento, chi per lavoro o per studio o come nel caso di Chiara, per seguire le persone che cominciano ad aggregarsi a loro. Trovano un appartamentino di due stanze al nr. 2 di Piazza Cappuccini. Lo chiamano “la casetta”: è il primo focolare.

Chiara Lubich, ha consumato la sua vita a servizio della Chiesa. Lei, donna e laica – ha proposto temi e aperture riprese più tardi dal Vaticano II. Ha rispettato la vita e ha cercato il senso del dolore. Ha tracciato una via di santità religiosa e civile praticabile da chiunque, non riservata a pochi eletti. Ha indirizzato il Movimento dei Focolari ad un dialogo sempre più aperto in seno alla chiesa cattolica, al dialogo ecumenico e interreligioso, a quello con persone di convinzioni non religiose.

Insignita di 15 dottorati h.c. nelle più varie discipline e di diverse onorificenze da enti nazionali e internazionali, nonché di cittadinanze onorarie nelle maggior città italiane e a Buenos Aires, è stata promotrice instancabile di una cultura dell’unità e della fraternità tra i popoli.

Muore il 14 marzo 2008 a Rocca di Papa, attorniata dalla sua gente.

I funerali si svolgono nella Basilica romana di S. Paolo fuori le mura, incapace di contenere la grande folla accorsa. Benedetto XVI, nel suo messaggio, definisce Chiara “donna di intrepida fede, mite messaggera di speranza e di pace”.  Risuonano le parole da Chiara stessa un giorno espresse: «Vorrei che l’Opera di Maria, alla fine dei tempi, quando, compatta, sarà in attesa di apparire davanti a Gesù abbandonato-risorto, possa ripetergli: “Quel giorno, mio Dio, io verrò verso di Te… con il mio sogno più folle: portarTi il mondo fra le braccia”. Padre, che tutti siano uno!».