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Genfest 2018 - Dare speranza al mondo

Si è appena conclusa a Manila l’undicesima edizione del Genfest che ha visto radunati 6.000 giovani dei Focolari da oltre cento Paesi del mondo. “In un’epoca di migrazioni crescenti e di nazionalismi che avanzano, come reazione a una globalizzazione esclusivamente economica che trascura le diversità delle singole culture e religioni, – riassume Maria Voce, presidente dei Focolari – il Genfest propone ai giovani un cambio di prospettiva: non fermarsi al di qua dei muri personali, sociali e politici, ma accogliere senza timori e pregiudizi ogni tipo di diversità”.

Aderendo al progetto “Pathways for a United World” dunque, i Giovani per un Mondo Unito dei Focolari saranno impegnati a dar vita ad una rete di attività mirate a far nascere e radicare nel proprio ambiente mentalità e prassi di pace e solidarietà. Promuovere azioni “beyond all borders”, come recita il titolo del Genfest, oltre i confini culturali, sociali e politici.

Il Genfest è stato festa e impegno assieme, dove anche arte e spettacolo hanno puntato ad esprimere il superamento dei confini, come le due serate-concerto che hanno portato l’Asia al resto del mondo e viceversa. Molto visitata è stata anche la Explo, mostra multimediale e interattiva che ha proposto una lettura rovesciata della storia del mondo, vista nell’ottica dei passi di pace dell’umanità e della centralità dell’impegno personale a costruirla. E per non rimanere nella teoria l’azione Hands for Humanity offriva ai partecipanti la possibilità di “sporcarsi le mani”: i giovani potevano scegliere tra 12 attività di solidarietà, accoglienza e riqualificazione urbana da svolgere in diversi punti di Manila.

Storie oltre i muri

Vere protagoniste di questa undicesima edizione però sono le storie dei giovani che vivono il dramma della migrazione e della segregazione nella quotidianità. Sono storie di stringente attualità, come quella di Noé Herrera (Messico) e Josef Capacio (USA) che vivono appena al di là del confine di Stato tra i loro due Paesi. Noé deve affrontare tutti i giorni ore di fila per poter andare a scuola oltre la frontiera. Da dove gli viene la speranza? Dall’amicizia con Josef e altri ragazzi nordamericani con i quali lavora per portare rispetto e conoscenza reciproca. Aziz, iracheno, ora vive in Francia e coinvolge i ragazzi del Genfest con la sua singolare vicenda: perdere improvvisamente tutto, patria, famiglia, casa, sogni. E attraverso l’aiuto totalmente gratuito di alcune persone ritrovare oltre alla dignità, il senso della vita e scoprire la preziosa unicità e il valore di ogni vita davanti a Dio. Egide e Jean Paul, uno ruandese e l’altro burundese, si sono conosciuti in una circostanza drammatica. A una fermata dell’autobus Jean Paul è stato aggredito e ridotto in fin di vita. Egide l’ha salvato, assistendolo per mesi. Un gesto straordinario se si pensa alla ferita mai rimarginata per il conflitto recente tra i loro Paesi.

Esiste allora una ricetta per superare muri e confini quando tutto sembra spingere nella direzione opposta? -si chiede il popolo del Genfest. Maria Voce propone tre parole: amare, ricominciare e condividere. Amare i popoli altrui come il proprio; ricominciare non perdendo mai la speranza che un altro mondo è possibile e condividere ricchezze, risorse e pesi personali e collettivi. Necessitano persone che portano in cuore i tesori di ogni cultura, ma che sanno anche donarli agli altri ed essere –in definitiva –uomini e donne globali.

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