Insieme in cammino – Un incontro a Baar

Il 25 marzo, a Baar, si sono incontrati per una giornata di approfondimento e di formazione, un’ottantina di persone provenienti da tutta la Svizzera e da diverse comunità: evangelico-riformati, appartenenti a “Fraternità di vita cristiana”, cattolici, ecc . Si è dunque trattato di un incontro ecumenico. Tra questa ottantina di persone da segnalare anche una piccola “delegazione” ticinese, di appartenenti al Movimento dei Focolari.

Il tema di quest’anno era “Avvio/ripartenza dall’interno e verso il basso. Per una cultura della speranza”. Già l’anno precedente, i presenti avevano avuto modo di ascoltare una reazione che metteva al centro la necessità di ripartire “dall’interno e verso il basso”: «verso una chiesa anzitutto orante ed al contempo diaconalmente forte»; «verso una chiesa con ammaccature e botte, che non si vergogna delle proprie debolezze e ferite»; «verso una chiesa umile, dunque, che mostra di vivere con le sue ferite e così [...] di superare le proprie debolezze».

Quest’anno a dare l’impulso per la giornata fu chiamato Alexander Bischoff (della Comunità Don Camillo, Montmirail), il quale ha preso spunto dall’opera di un teologo protestante statunitense (Walter Brueggemann: «Reality, Grief, Hope – three urgent prophetic tasks»; «Accettare la realtà, piangere, sperare: tre urgenti compiti profetici»).

Il conferenziere ha condotto l’uditorio attraverso un cammino che ha cercato di mostrare come alcuni fatti recenti (l’ultimo, ovviamente, la guerra in Ucraina) abbiano progressivamente eroso il tasso di speranza al quale eravamo in fondo abituati. Negli ultimi due decenni, nelle società occidentali si è verificata una radicale messa in discussione delle basi stesse su cui la speranza era fondata. Di fronte al venire meno della visione del mondo cui eravamo abituati, si è prodotta la crisi nella quale siamo immersi. Crisi alla quale si può essere tentati di reagire in molti modi: negando ad esempio la nuova realtà: ma questo non può funzionare.

“Fortunatamente, non dobbiamo fermarci qui. In questa situazione entrano in scena i profeti. Devono pre-vivere e pre-dire ciò che Dio dice sulla situazione e su come gestirla. (…) . L'uscita da queste tre situazioni riesce quando si compiono i seguenti compiti:

  1. Riconoscere la realtà. Riconoscere ciò che è (Hellinger). Rieth: portare la realtà a qualcuno. Affinare la percezione. I profeti non sono "predittori" o indovini, ma maestri dell'anticipazione (come Federer). I profeti dell'Antico Testamento e quelli di oggi hanno un occhio attento alla realtà. Ecco perché spesso la profezia non è molto popolare. Rivelazione della realtà: La profezia.
  2. Questo include anche il lavoro di lutto. Sì, il lutto è un lavoro, e il lavoro è faticoso, e noi evitiamo lo sforzo. Permettete il lutto. Lamentatevi molto, pregate molto i salmi di lamento (Dieter Jost-Müller). Riconoscere la perdita. A lungo andare questo è meno faticoso della repressione, della negazione, del non volerlo ammettere. Perdonare. "Perdonare". Perdonare Dio, perdonare il destino, perdonare la politica, perdonare gli altri, perdonare se stessi. Questo significa agire profeticamente!
  3. La speranza è all'ordine del giorno. Il terzo compito profetico. E’ la speranza non come ideologia, non come copertura del lutto, ma una speranza che sopporta la brutale realtà e non sopprime il lutto”.

Ecco, con pochi accenni, alcuni dei temi che i partecipanti hanno potuto ascoltare. La giornata si è dipanata attraverso momenti di ascolto degli impulsi dati da Bischof, alternati a momenti di ascolto e approfondimento in piccoli gruppi. Ma non sono mancati i momenti di preghiera (invocazione e lode – favorita dalla presenza di un valido accompagnamento musicale) nella plenaria assembleare.

Un bel modo per ricordarci che siamo in cammino, insieme con altri di altre comunità cristiane, in questa Europa che sta faticosamente cercando la sua identità in un mondo in rapida trasformazione.

Paolo Binda


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