Oltre i confini del confort

'Seek disconfort’ (cerca il non-confort): si sono dati questo motto i 29 ragazzi della Svizzera Italiana, Berna e Zurigo che a fine luglio sono partiti per l’Albania  per sostenere,  insieme ad una ventina di loro coetanei  albanesi,  un progetto sociale agricolo, nato per venire incontro a famiglie indigenti del posto, della Chiesa locale di Bizë.  Il lavoro consisteva nella pulizia di bio-coltivazioni di rosmarino ed alloro e nella raccolta dei cornioli. 

Ester, Gabriele e Daniela, ticinesi, ci fanno ripercorrere le tappe di questo loro indimenticabile campo di lavoro.

“Dopo 2 anni dal workcamp in Lituania, siamo andati a fine luglio 2019 in 29 giovani e accompagnatori dalla Svizzera italiana, Berna e Zurigo, in Albania. Ci siamo dati il motto “Seek disconfort” (cerca il no-confort).
Dopo diverse ore di viaggio siamo arrivati a Bizë un paese immerso nella natura e con la vista sul mare, dove siamo stati accolti con dei bellissimi balli e della frutta dai 23 giovani albanesi con i loro accompagnatori.

All’inizio non ci conoscevamo tra di noi ed eravamo molto timidi, poi abbiamo creato dei gruppi misti tra ragazzi albanesi e svizzeri,  per i svolgere le diverse attività come lavare i piatti e aiutare in cucina, preparare dei momenti di riflessione oppure organizzare i giochi. Questi momenti di lavoro hanno permesso di conoscerci e creare amicizia. 

Il primo giorno abbiamo avuto la possibilità di andare a Tirana e visitare una chiesa ortodossa dove abbiamo incontrato il vescovo che ci ha dato diverse spiegazioni sulle icone della chiesa.
Nel pomeriggio abbiamo visitato la città di Kruja, abbiamo conosciuto la storia albanese e il loro eroe nazionale.

Siamo stati anche a Shkodra, una città prettamente cattolica e abbiamo incontrato le suore clarisse: una suora albanese ci ha raccontato come ha vissuto durante la persecuzione dei cristiani nel corso del forte regime comunista.  Siamo andati a visitare le carceri dove abbiamo toccato la grande testimonianza dei martiri che sono morti in quel periodo.

Abbiamo conosciuto Alfred, un giovane avvocato che ha iniziato un progetto di coltivazione di castagni che sono stati deforestati durante il comunismo, abbiamo così deciso di sostenerlo facendo una donazione. Le serate si concludevano sempre con un momento di riflessione preparato dai diversi gruppi.“

Questi ragazzi hanno saputo creare tra loro ponti nonostante provenissero da due paesi agli antipodi come storia, cultura e ricchezza.  Sono diventati un unico gruppo unito. Lo dicono alcune loro espressioni: “All’inizio di questa esperienza pensavo ci fosse una grande distanza tra albanesi e svizzeri , dice Silvia (15 anni), ma con il passare dei giorni ho visto questo distacco dissolversi, mi è piaciuto discutere e conoscere altri punti di vista, sia tra gli albanesi che tra gli svizzeri.” E Klarissa  (13 anni):  “il workcamp mi è piaciuto molto perché ho fatto nuove amicizie e mi sono divertita molto. Per me è stata una nuova esperienza  Inizialmente non pensavo che gli svizzeri fossero così amichevoli ed aperti...” “Abbiamo potuto conoscere una nuova cultura, dice Julian (17 anni) di Zurigo, e la positività delle persone che hanno frequentato questo campo. Mi sono meravigliato che i giovani albanesi non avessero tanta voglia di lavorare nei campi, ma ho osservato che nel tempo hanno dato il meglio di se stessi.” 

Jody (15 anni)  aggiunge : “a me piace molto questo campo perché so di poter essere me stesso con tutti senza avere paura di essere giudicato. Spesso la sera uno dei momenti più belli della giornata perché puoi giocare a carte o puoi parlare semplicemente sfogandoti.
In questo workcamp diversamente da altri campi non si utilizza il telefono perché ci si diverte anche senza averne il bisogno. “


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